| Cappuccetta89 |
| | Allora, l'avevo iniziata come nota personale solo per alcune di voi, e dovrebbe continuare così..ihih ma sono appena arrivata a metà della "scrittura" di questa One shot..e sono già a 24 pagine di word°_° Ahahah..ed è per questo che la mia Poqui Sam l'ha rinominata One Fiction ahahahah Rimarrà comunque una One shot..perchè è nata per essere così..ma mi sta venendo leggermente..lunghetta xD La posterò a capitoli luuuuuuuuunghi xD Prometto sempre di finirla(questa volta per davvero!).. spero vi piaccia :D
ps:Per i "pezzi" di Sara userò il Rosso per quelli di Lucas l' arancione e per gli "altri" lascerò quello standard xD Prologo. La sento in tasca, pesarmi come fosse un mattone che mi tiene bloccata a questa panchina, in questa posizione, l’unica cosa che ho tenuto con me di noi. Di te. (*):”Signorina? Io penso che sarebbe meglio se si riparasse..” S:”Il cuore?” No, non si può, non si può ripararmi il cuore. Alzo lo sguardo verso una gentile signora che mi guarda preoccupata. Ha tra le mani un ombrello e solo ora me ne rendo conto. Piove. (*):”No piccolina intendevo sarebbe meglio ti riparassi dalla pioggia..” Continua a guardarmi, con ancora quello sguardo dolce sul suo volto, si avvicina a me e mi si siede accanto..Le sue parole mi sfiorano insieme alla sua mano che si poggia sulla mia spalla. E’ una sconosciuta. E’ quello di cui ho bisogno. Qualcuna che non sappia di te, che non pianga insieme a me. S:”Piove..” Non è una domanda, lo ripeto a me stessa. Piove. (*):”Si piccolina, già da un po’, e senza accorgertene hai iniziato a sorridere nel momento esatto in cui la prima goccia di pioggia ti ha colpito. Ti osservo da un po’. Ti piace la pioggia?” S:”C’è stato un tempo in cui credevo che mai avrebbe smesso di piovere. Me lo aveva promesso.” Me lo avevi promesso Lucas. Scuote la testa, non capisce, non potrebbe mai. Nessuno, solo tu avresti potuto. Il nostro codice segreto. Ogni giorno. Così avevi detto. (*):”Chi te l’aveva promesso?” Alzo lo sguardo verso il suo viso, mi fissa, e le sue labbra si curvano in un sorriso, che mi inchioda… mi libera. S:”Lucas…” Le dico il tuo nome, come se potesse capire, come se non potesse non sapere chi sei, come se fosse la risposta a tutte le domande, tu eri la risposta a tutte le mie almeno. (*):”Capisco, ed ora che ha smesso di piovere?” S:”Perché mi fa questa domanda?” L'unica a cui non so dare una risposta, l'unica alla quale non posso più rispondere il tuo nome. L’unica alla quale non voglio rispondere. (*):”Stai piangendo piccolina ed hai iniziato quando la pioggia ha cessato di battere sul tuo viso, te ne sei accorta?” Apro il palmo della mano e cerco di catturare qualche goccia di pioggia…troppo tardi. Ha smesso. Ha smesso davvero Lucas. S:”Ha smesso di piovere nel mio cuore. Algo no ha salido bien.” L:”Dov’è? Dimmelo, adesso. Tanto lo scoprirò da solo Paco. Dimmelo!” Ho ancora il tuo profumo addosso, il viso sporco , la maglietta bagnata dalle tue lacrime, la guancia rossa…e tu già sei scappata. Dove sei? P:”Non lo so dov’è, ha preso tutto quello che poteva e se ne è andata. Cosa è successo Lucas?” Mi lascio cadere sul tuo letto, stringo le lenzuola nel pugno, e ti odio. Perché è sempre così tra noi? Perché sei scappata? Perché proprio ora? Perché le mie colpe valgono sempre il doppio delle tue Sara? Faccio per alzarmi ed uscire dalla porta di camera tua e tuo padre mi blocca.. P:”Cos’hai fatto?” L:”Dai per scontato che sia colpa mia eh? “ Strattono il suo braccio e vado dall’unica persona a cui puoi aver detto di te, l’unica che sai non me lo racconterà mai. Quanto ti sbagli, costringerò chiunque a dirmi dove sei finita. Spingo il piede sull’acceleratore, le nocche sono bianche mentre stringono il volante, sono arrabbiato con te, e ti odio. Odio dover andare in quell’ufficio e chiedere di te, pregarlo, pregarlo affinché mia dia la possibilità che tu mi stai negando, perché Sara? Mi costringi, sempre. Le regole del gioco le decidi sempre tu. Salgo le scale a quattro a quattro, la porta è aperta.. L:”Dov’è?” DL:”Sai che non te lo dirò, perché sei venuto?” L:”Perché devo saperlo Don Lorenzo, questa è una questione tra me e sua nipote, mi dica dov’è.” DL:”Chiudi la porta Lucas…” L:”Non ho intenzione di parlare a lungo con lei, mi dica solo dov’è Sara e io me ne andrò.” DL:”CHIUDI IMMEDIATAMENTE LA PORTA LUCAS!” L:”Mi sospenda, mi cacci dal corpo, mi urli i suoi santos cojones quanto le pare Don Lorenzo, ME DA IGUAL, dov’è Sara?” DL:”Sei una testa calda Fernandez, ma non è una novità. Ho una cosa per te, tieni. E ora vattene, prima che cambi idea e che te li sbatta in faccia i miei cojones!” Mi porge un foglio ripiegato con lo stemma della polizia, riconosco la tua scrittura. Solo un nome, il mio. Lucas. E’ il tuo addio? Due anni dopo.
Co:”Sei davvero bellissima Sara.” Mi sorridi e sei sincero, ricambio la tua gentilezza, mi avvicino e ti abbraccio. Ti stringo forte, ho bisogno di te, di quello che hai fatto per me in questi anni. S:”Anche tu non sei male sai? “ Co:”Ma non abbastanza no?” Scoppiamo a ridere insieme, rimaniamo abbracciati, rafforzi la tua presa attorno alle mie spalle. Co:”Sei tranquilla? Sicura che non c’è bisogno che ti accompagni? Almeno all’aeroporto.” S:”Que no, credimi, sto bene. E’ solo che mi mancherai tanto. Ormai mi sono abituata alle tue stranezze, ma torno presto.” Co:”Non tornerai, perché credi che io non sia più tornato a S.Antonio? Non riuscirei a lasciarla ancora.” S:”Io tornerò, te lo prometto, se non altro per ricordarti che devi chiudere la porta di casa prima di uscire! Mi vuoi sorridere? Non è un addio!” Ti accarezzo per un’ultima volta la spalla e ti poso un bacio sulla guancia, prima di prendere il mio trolley azzurro e di uscire, sto tornando in Spagna. Sono costretta. Due anni, sono due anni che ho bloccato i miei pensieri, che ho scelto di dimenticare tutto. E tutti. Il taxi che mi porta all’aeroporto è così lento, il traffico di Dublino è la cosa che più ho odiato in questi anni passati qui. Ho dovuto imparare a conviverci, ho dovuto imparare tante cose. E così come il giorno che sono arrivata qui, anche adesso sta piovendo. Come al solito no? Smetterai mai di farmi compagnia? T(Tassista): “Perché apre il finestrino? Non ha visto che sta piovendo?” S:”Cos’ha contro la pioggia? Lava via molti dei dolori della vita, è il modo che il mondo ha per dirti che gli dispiace. “ Il modo che avevi tu per dirmi che mi amavi… No Sara. Non così. T:”Signorina, è il modo in cui si bagnano gli interni del taxi, può chiudere per favore?” Gli sorrido e chiudo il finestrino, ed una strana sensazione si fa spazio in me..perché proprio adesso dopo tutto questo tempo voglio sentire la sensazione della pioggia sulla mia pelle? Pago il tassista e trascino dentro l’aeroporto il mio trolley. Giro per i gate cercando quello che sul tabellone abbia scritto il nome della mia vecchia casa. Madrid. La voce metallica di un altoparlante mi avvisa che il mio aereo sta per partire. Meno di tre ore e sarò di nuovo in territorio spagnolo. Tiro un lungo sospiro e un passo dopo l’altro prendo quest’aereo. Torno a casa. Pa:”Prendi due uomini e vai tu Lucas, io devo andare da mio suocero, Lola mi sta aspettando. Vale?” L:”Povedilla e Carrasco.” Mi limito a rispondergli i nomi dei due agenti che voglio con me, potrei andare anche da solo ma non ho voglia di discutere con lui stamattina. Esco dal suo ufficio e con un cenno della mano chiamo Josè Luis. Po:”Si inspector?” Inspector, quando imparerà a chiamarmi Lucas? Non sono più un agente di questa comisaria, il C.N.I ormai è il mio posto, ma l’aggravarsi della malattia di Don Lorenzo mi vede qui più spesso di quanto vorrei. Da quando te ne sei andata, tutti qui mi guardano come se fosse colpa mia. Non lo sopporto. Tutti a chiedersi perché non ti abbia seguita, perché ti abbia lasciata andare. L:”Tu e Carrasco venite con me, tra 5 minuti ci troviamo giù in garage.” Fa cenno di si con la testa ed io carico la mia pistola, non ce ne sarà bisogno, ma devo scaricare i nervi. E’ da quando mi sono svegliato che una strana sensazione mi pesa sullo stomaco, un brutto presentimento. Non devo pensarci. Raggiungo Povedilla e Carrasco in garage, mi aspettano in macchina, e per la prima volta decido di salire dietro. L:”Guida tu Aitor.” Mi guardano entrambi strano, non è da me decidere di salire sul sedile posteriore, ma ho la testa che mi scoppia, forse avrei dovuto rimanere a casa per oggi. Povedilla spiega ad Aitor l’iter che il manuale consigliava se una volta arrivati si fossero presentati dei problemi. I colleghi dell’aeroporto ci hanno segnalato l’arrivo di un volo, com’è che l’aveva definito Paco? “Ad alto rischio”. Rischio di cosa? Non era dato da sapere. Colleghi troppo zelanti per quanto mi riguarda. Ed io ero semplicemente stanco. E non erano nemmeno le 10 del mattino. Parcheggiamo all’interno, e risaliamo fino al gate principale, quello dei voli dall’estero. E la sensazione che da stamattina mi attorciglia lo stomaco si intensifica. Vorrei accendermi una sigaretta, ma qui come leggo ormai ovunque è vietato. L:Vi lascio un attimo da soli, vedete di non combinare casini, il tempo di una sigaretta e torno. Apro una delle porte finestra di quest’ala dell’aeroporto, e vengo spintonato da un uomo con la testa bassa, e le braccia conserte, mi giro verso di lui.. L:Oye! Attento a come.. Non continuo, il mio istinto scatta, quando l’uomo mi ha spinto ho sentito qualcosa, e adesso la riconosco distintamente sotto la giubba, quell’uomo è armato, come è entrato qui dentro? Getto la sigaretta per terra, faccio segno a Povedilla di rimanere fermo e ad Aitor di girare attorno al nastro trasportatore per le valigie. Entrambi eseguono i miei ordini, l’uomo si ferma vicino ad altri tre, scorgo anche in loro delle pistole, e uno deve avere in tasca qualcos’altro. E poi la vedo..Una donna con la coda di cavallo avvicinarsi al primo uomo e parlargli, Aitor fa per avvicinarsi ma lo blocco, quella figura..è familiare, sta chiedendo informazioni all’uomo. Viene circondata anche dai suoi “amici”…Continuo ad ascoltarla. La sua voce. Lucas! Stai impazzendo! Smettila! Quella donna è in pericolo! Fa la carina con quell’uomo,è diventata il centro dell’attenzione di tutti gli uomini lì dentro. Ride e scuote i capelli..ed un profumo, quel profumo mi invade le narici..Non può essere. Continuo ad osservarla fino a quando si volta leggermente verso di me. Sono a due passi da loro…e due occhi, i tuoi Sara. E’ un attimo, mi sfiora con lo sguardo, e rimango immobile, con la mano alla cintola le mostro la pistola, lei capisce mi guarda, ci capiamo…Le faccio segno di si con la testa. S:Certo che mi piacerebbe approfondire il nostro rapporto, che ne dici se lo facessimo in comisaria? Dios quanto sei bella. Ci mettono pochi secondi a realizzare le sue parole, il tempo necessario affinché la veda fredda, sicura disarmare il primo in meno di un minuto, le sono dietro costringo altri due a fare la stessa fine, Aitor è ormai pronto ad intervenire a pochi passi da noi. S:Lucas! Sta scappando! Il quarto uomo. Non mi lascia il tempo di pensare scatta dietro di lui, la seguo. Ti sento seguirmi, coprirmi le spalle, come sempre. Come tanto tempo fa. E questo bastardo, quanto corre. L:Sara, para! Mi afferri per un braccio, lo abbiamo perso lo so, troppa gente, troppo lenti noi. S:Joder! L:Questo di solito lo dico io. Mi volto verso di te, stringi ancora la mano intorno al mio braccio, e stai sorridendo. Strattono il braccio, mi fissi. Non avrei dovuto. Lucas. Mi gira la testa. Non avrei dovuto incontrarlo adesso, non così. A:Sara? La voce di Aitor mi distrae per un attimo, il suo viso e la fretta con la quale mi corre incontro con i tre delinquenti al seguito… (-):Hija de puta! Cerca di sputarmi in faccia, sei tu a evitarlo riafferrandomi,portandomi più vicina a te. L:Come? Cerca di ripeterlo ma la pressione della pistola di Lucas che sente sulla tempia deve convincerlo a desistere, lo osservo e mi perdo. Non sembri cambiato nemmeno di una virgola, hai il viso stanco, la solita barba ad incorniciarti il viso, i capelli lunghi ribelli così come sei tu. Sei bello da mozzare il fiato… Para Miranda! Para!! Cerco di concentrarmi su Pove che cerca di sfoltire la folla che si è creata attorno a noi, ma sono due gli occhi che sento piantati nella schiena. I tuoi. Potrei, dovrei muovermi, allontanarmi, ma non ci riesco, pochi secondi fa il solo aver realizzato che eri davvero tu di fronte a me ha rischiato di farmi crollare. Ho rischiato di sbagliare. La storia si ripete. Sempre. L:Sara? E la tua voce, un brivido. Senza ancora voltare le spalle mi avvicino ad Aitor e prendo con me l’uomo appena ammanettato. S:Fernandez, questo penso sia tuo. Sfodero un sorriso di circostanza, l’unico che riesco a concederti, non ti guardo negli occhi, spingo l’uomo verso di te ed ancora una volta è Aitor a salvare i miei nervi che stanno irrimediabilmente per cedere sotto il tuo sguardo. Mi abbraccia, mi stringe talmente forte da togliermi il respiro! S:A-A-Aitor così mi stritoli.. A:Oh lo siento rubia! Che..che..? S:Che ci faccio qui? A:Ecco si.. Po:Sarita bentornata! Sono io questa volta ad avvicinarmi a lui e ad abbracciarlo, lui mi sorride felice e visibilmente sorpreso. S:Rita? Sabinita? Come stanno? L:Povedilla Carrasco prendete i detenuti e portateli in comisaria, in compagnia della figlia dell’ ispettore Miranda, io vado a parlare con i colleghi dell’aeroporto. E’ stato un piacere rivederti Sara. Figlia dell’ispettore Miranda..E te ne vai, senza guardarmi, o forse sono io che non sono riuscita ad incrociare il tuo sguardo? E ancora una volta come due anni fa ti vedo girarmi le spalle ed andartene. A:Oh oh oh, guai per Fernandez! S:Aitor! Gli do un buffo sulla spalla di rimprovero, continua a sorridermi. Po:Sarita, sei tornata per tuo nonno? Abuelo. Quasi lo avevo dimenticato. S:Si Josè Luis. Come sta? Lo chiedo a lui, perché da quando mi ha chiamato zia Silvia tre giorni fa per avvertirmi delle sue condizioni non ho avuto il coraggio di chiamare mia madre. Dopo 2 anni. A:Portiamo questi bastardi in comisaria e poi ti accompagniamo in ospedale vale? Mi limito ad annuire leggermente, mi volto dove ti ho visto sparire tra la folla, non so nemmeno io perché, ti cerco per una frazione di secondo. A:Bentornata rubia. Quante volte dovrò dire grazie ad Aitor? In meno di 10 minuti mi ha salvato da me stessa già troppe volte. Sara. Ricorda perché sei partita, ricorda questi due anni. Dimentica quello che c’è stato prima. E’ finita.
Non ho avuto il coraggio di rientrare in comisaria. Non era così che mi ero immaginata il mio rientro a Madrid. Non eri tu la prima persona che volevo incontrare, anzi, contavo di non incontrarti affatto. Doveva andare tutto secondo i miei piani. Ma quando ci sei di mezzo tu…dovevo saperlo, eppure la pioggia mi aveva avvertito. A:Andiamo? Povedilla penserà ai detenuti, ed io ti accompagno in ospedale rubia, contenta? S:Contentissima. Gli sorrido appena, ho lo stomaco attorcigliato, il cuore che mi batte all’impazzata, le mani che tremano. A:Sara? Stai bene? S:Certo, mio nonno sta male, ritorno dopo due anni di completo silenzio, devo rincontrare mia madre, mio padre…e non ho la più pallida idea di cosa dirgli. Sto benissimo Aitor. Perché dovrei star male no? Lo vedo grattarsi la testa, reprimere un pensiero e non rispondermi. S:Parla. Tanto lo so che c’è qualcosa che vuoi dirmi. A:Lo hai detto tu eh? S:Parla! A:Nessuno di noi sa perché te ne sei andata così senza salutare da un giorno all’altro, ci sono varie versioni ed ipotesi, lo sai da sola che i nostri amici sono molto fantasiosi…Ma la verità Sarita, pensi che a qualcuno importi? Pensi che tua madre quando ti vedrà varcare la porta dell’ospedale ti chiederà perché te ne sei andata? Sei dannatamente fortunata rubia, ti amiamo troppo perché ci interessi. Mi alzi il viso con un dito, mi costringi a guardarti negli occhi, e odio doverlo ammettere ma spero tu abbia ragione. S:Non sei cambiato in questi due anni eh? A:Perché avrei dovuto? Sono perfetto così come sono! L:Peliroja! Sbatto la porta del laboratorio violentemente. E quello che mi trovo di fronte. Joder! Si:Lucas che..Esci fuori di qui!!! Pe:Si bussa prima di entrare sai Fernandez!? L:Non c’è niente che non abbia già visto Pepa! Ho bisogno di parlare con tua moglie! Solo un minuto, poi potrete tornare a.. si insomma poi tolgo il disturbo! Vedo Silvia far cenno a Pepa di assecondarmi, le da un un ultimo bacio sulla bocca prima di avvicinarsi a me sistemandosi il gilet.. Pe:So già cosa vuoi dirle, ricorda che sono qui fuori, e che ci metto un attimo a rientrare. L:E’ una minaccia? Si:Smettetela! Tutti e due! Non cambierete mai! Tu entra! E tu esci, qui è tutto a posto. Sorride a Pepa accompagnandola alla porta e poi si volta verso di me. Si:Que pasa? Mi prende anche in giro? L:Tu lo sapevi. E non me lo hai detto! Perché Silvia? Si:Cosa avrei dovuto dirti esattamente? E il sorriso che le spunta sul viso mi innervosisce anche di più. L:Perché ridi? Si:Rispondi Lucas! Cosa avrei dovuto dirti? Che avevo chiamato mia nipote per avvertirla che suo nonno sta male? Che arrivava oggi? Perché è di lei che stai parlando no? E’ da due anni che proibisci a chiunque di parlarti di lei, di anche solo nominarla in tua presenza! Colpito e affondato. Si:Quindi vuol dire che è già arrivata, la solita! Non ha voluto dirmi niente! Dove l’hai vista? L:All’aereoporto. Si:E che ci facevi tu all’aereoporto? Non le rispondo. Ero venuto qui per prendermela con qualcuno…e mi rendo conto che non ne ho il diritto. Si:Lascia stare, e… Mi accarezza la guancia, costringendomi a guardarla. Si:Lucas, sono passati due anni… Va a farti un giro e poi raggiungici in ospedale. Vale? Chiudo gli occhi e prendo la sua mano con la mia. L:Lo siento per aver interrotto… Arrossisce come solo lei è in grado di fare girandomi le spalle e lasciandomi solo nel laboratorio, poco prima di uscire però si ferma e si rivolge nuovamente a me. Si:Dopo che lo avrà visto avrà bisogno di noi. Di te Lucas. Lo so io, e lo sai tu. L:Va Silvia, ci vediamo dopo. Non devo averla convinta molto, la seguo raggiungere Pepa, avvertirla dell’arrivo di Sara e indicare nella mia direzione. Che intenzioni ha?
Si:Anda! Ha bisogno di parlare con qualcuno, non può parlarne con Paco, ne con Mariano, ne con me! E qui ci sei solo tu! Pe:E come credi che riuscirò a farlo parlare? Non è esattamente un facilotto Silvia! Si:Hai convinto me ad innamorarmi di te Pepa, sono sicura che ci riuscirai! Pe:Con te partivo avvantaggiata peliroja! Hai sempre avuto un debole per me! Si:Scema! Ora devo andare! Provaci, e se non ci riuscissi amen! Ti chiamo appena arrivo in ospedale vale? Pe:Posso? L:Ti ha chiesto di parlare con me vero? Pe:E’ fatta così lo sai, ed io non riesco a dirle di no. Troppo prevedibile Silvia. Troppo facile. L:Non provarci Pepa, non ho niente da dire. Non ho niente da dichiarare. Niente che non sia il tuo nome, il tuo viso. I tuoi occhi. Pe:Mi basta poterle dire che ci ho provato Lucas, che ne diresti di andare in sala de tiro? Una bella sfida come ai vecchi tempi? Vediamo cosa ti hanno insegnato quelli del C.N.I? Le sorrido, è quello di cui ho bisogno. Devo scaricare i nervi. Devo mettere un freno ai pensieri. Devo concentrarmi su qualcosa che non sia tu. L:Vale. Cosa scommettiamo? Pe:In passato avremmo scommesso su chi avrebbe fatto sclerare il vecchio, direi che questa volta non è il caso no? Scoppiamo a ridere! Usciamo dal laboratorio e voltando l’angolo siamo qui dentro. Non ci entravo da più di due anni. Evitavo qualsiasi posto mi ricordasse te. Pe:Pensavo, scommettiamo che ad ogni bersaglio puntato in pieno risponderemo ad una domanda. L:No Pepa. Non risponderò a nessuna domanda. Pe:Hai paura che sia ancora una volta più brava di te Fernandez? L:I tempi cambiano ma tu no eh? Pe:Accetti? Ad ogni bersaglio centrato in pieno mi devi una risposta! E ad ogni bersaglio centrato da te potrai chiedermi quello che vuoi! Ci stai? L:Si. Comincio io. Non aspetto che indossi occhialini e cuffie estraggo la mia pistola dalla cintola, perfettamente carica da stamattina, pronta probabilmente prima di me per questo momento. Un colpo. Un centro perfetto. Pe:Il solito… bueno, centro. Chiedi. L:L’hai mai sentita in questi anni? Pe:No, non ha mai voluto parlare con nessuno che non fosse Silvia o Don Lorenzo. Ora tocca a me. E come me poco prima nemmeno lei aspetta o indossa occhialini e cuffie. Un colpo, un centro perfetto. Pe:Cosa è successo due anni fa? L:Non lo so. Mi guarda perplessa, ma è la verità. Sono due anni che rivivo quella maledetta giornata. E non mi do pace. Non capisco. Abbiamo discusso. Ma la tua lettera. Non ha senso. Pe:Non vale Lucas. L:Cambia domanda se vuoi, davvero non so risponderti Pepa. Un altro colpo, pieno centro. L:Toccava a me. Pe:Ho un’altra domanda, e quella di prima non valeva. Perché non l’hai seguita? A questa so rispondere. Nessuno ha mai osato chiedermelo, ma sarebbe stata l’unica risposta che avrei saputo dare a tutto. L:Me lo ha chiesto lei. Non aspetto una sua reazione impugno la pistola e svuoto il caricatore. Tutti centri perfetti. Mi volto verso di lei. L:Mi sa che ho vinto io Morena. Ma non ho nulla da chiederti. Puoi dire a Silvia di aver tentato. Ringraziala da parte mia vale? Faccio per voltarmi ed andarmene quando sento la sua pistola sparare. Pe:Tutti centri perfetti Fernandez. Tu non avrai nulla da chiedermi, ma siamo pari! E ho un’ultima domanda da farti Lucas… Mi fermo. So già cosa vuole chiedermi. Pe:Vieni a cena da Paco stasera? No decisamente non era questo che mi aspettavo. La sento ridere darmi una pacca sulla spalla e fermarsi prima di uscire dalla sala de tiro. Pe:Ovviamente è una domanda retorica puto loco. Ho sempre odiato gli ospedali. Anche se so per certo che cose ben peggiori accadono anche fuori da qui. Forse è per il colore. Il bianco. Non mi è mai piaciuto particolarmente. E’ freddo. Impersonale. Vuoto ed immenso. Seguo Aitor per questi corridoi, e la corsa del cuore non accenna a fermarsi. Lo sento in gola. A:Calma Sara. Girato l’angolo c’è la camera di tuo nonno. Vai avanti tu. S:Io? No! A:Rubia! Ti ricordavo più coraggiosa sai? Vai! Mi spinge in avanti, quasi inciampo nei miei stessi passi, quando due spalle fermano la mia quasi caduta. Un pancione familiare. Papà. P:Pero que cono..? Sara? Cerco di rialzarmi, ma non ci riesco. Stringo i pugni sulla tua camicia, vedo i tuoi occhi farsi lucidi, sento i miei fare la stessa fine. Pa:Mi nina! Le sue braccia mi avvolgono, interamente. In un abbraccio, l’unico in grado di calmare il mio cuore adesso. Risalgo le sue spalle, mi ci aggrappo con tutta la forza che conosco. S:Papà! Lo:Si può sapere cos’è tutto questo trambusto? Paco! E la sua voce, la mia più grande paura. Il mio più grande errore. Alzo appena lo sguardo ad incontrare il suo. Sbarrato, stupito, grande e sincero come lo ricordavo. Mamma. Lo:Sa..Sara? Mio padre mi libera dalla sua stretta, mi lascia andare. Ed io resto immobile per una frazione di secondo e poi non resisto, mi getto tra le tue braccia mamma. Le tue che più di tutte mi sono mancate, quante volte le avrei volute a consolarmi, a fermare i pianti a dirotto che mi hanno scosso in questi anni! S:Lo siento Mamà! Lo siento! Non un movimento, non una parola. La stringo forte a me sperando che ricambi, ma niente. Lo:Sara…s..se..sei tu? Alzo il viso, cerco una risposta. E forse Aitor non aveva ragione, forse il suo ottimismo questa volta è malriposto. Restiamo così per un paio di minuti fino a quando non sento la voce di mio nonno chiamare mia madre. Ci stacchiamo. E prima di rientrare in camera sento la mano di Aitor picchiettarmi sulla spalla, mi volto verso di lui. A:Un po’ di pazienza, ma vedrai che ho ragione. Come sempre. Gli sorrido, lui ricambia salutandomi. A:Ora devo andare, ma se avessi bisogno ancora di una “spintarella” sai chi chiamare…Bentornata a casa Sara. Lo:Sara.. Non ho il tempo di rispondergli che mia madre attira tutta la mia attenzione. S:Si? Lo:Il nonno.. sta male. S:Si lo so, sono qui per questo, Zia Silvia mi ha chiamato e mi ha spiegato. Lo:No Sara, sta male. Tanto. Devi essere forte. Vale? E le sue parole, un nodo allo stomaco che non si scioglie. La vedo entrare per prima in camera del nonno, sono dietro le sue spalle, non riesco ancora a vederlo… Non so perché sono venuto qui, non dovrei. Cosa mi aspetto? Sono state le parole di Silvia a portarmi qui. Fisso l’entrata dell’ospedale da ormai quasi venti minuti. Spengo la sigaretta che non riesce a calmarmi. E poi ti vedo uscire correndo. Devi averlo visto. Si:Sara fermati ti prego! Silvia ti segue, cerca di fermarti. E senza rendermene conto, come se fosse un riflesso condizionato. Mi avvicino, ti afferro per le spalle, ti volto verso di me. Stai piangendo. Lo hai visto. S:Lucas… L:Shh…no pasa nada vale? Sei così piccola, così fragile, i tuoi occhi specchio di un dolore che non ti aspettavi. Che non puoi reggere. Ti stringo a me, so che non dovrei che mi farà male, che farà male ad entrambi. Ma non posso farne a meno. Sento le tue dita premere contro la mia schiena, il tuo pianto scoppiare in singhiozzi che ti scuotono completamente. L:No Sara, no llores. Shh. Continuo a ripetertelo nell’orecchio, ti accarezzo la schiena, Silvia ci ha raggiunto. Mi guarda dispiaciuta, mi ringrazia. Sapeva che avresti avuto bisogno di questo. Di un abbraccio? O di me? Si:Sara per favore non piangere. Ascoltami. E ti sento, smettere immediatamente di piangere, inizi a tremare, di un emozione diversa. Sei arrabbiata. La tua stretta si fa più forte intorno alle mie spalle, alzi il viso dal mio petto prima guardi me per un paio di secondi poi ti volti verso Silvia. S:Avresti dovuto dirmelo! Perché non lo hai fatto?? Quando ti ho chiesto come stava perché non me lo hai detto? Lo hai visto Silvia? Quello è stare male? Sta morendo! E se non mi fossi decisa a tornare non lo avrei rivisto vivo!! Si:Non è colpa mia se non ci sei stata in questi due anni Sara! Cosa avrei dovuto dirti? Che mio padre sta morendo? Ho cercato! Ho cercato di dirtelo! Ma tu non hai voluto capire!! Pensavi lo facessi per farti tornare qui!! S:No Silvia! No! Questo è ingiusto! Tu sai perché me ne sono andata. E nel preciso istante in cui pronunci queste parole mi lasci andare, ti allontani da me. Ti asciughi le lacrime e continui. S:Ma non ho mai smesso di chiedere di te, del nonno, di voi! Avresti dovuto dirmelo Silvia. Avresti dovuto e basta!! Si:Avresti dovuto esserci ogni volta che tuo nonno ti ha chiesto di tornare Sara, o ogni volta che tua madre provava a telefonarti senza ricevere risposta. Anche tu avresti dovuto fare molte cose. Non è colpa mia se tu non c’eri. Vedo il tuo sguardo riempirsi d’odio e di rammarico, di dolore. Lo riconosco in ogni più sua più piccola striatura. L:Non essere ingiusta Silvia. Nessuna di voi due ha sbagliato. Non è colpa di nessuno. Sara aveva i suoi motivi per non esserci. Cerco di essere ragionevole, cerco di dire la cosa giusta. Quella che non penso. Non sono mai stato bravo in questo…infatti. S:Perché sei qui Lucas? Tu non dovresti essere qui! Non ho bisogno di essere difesa! Si:Smettila Sara! Gli ho chiesto io di venire. Almeno lui c’è sempre stato! S:Bueno! Quella di troppo allora sono io no? Scusate il disturbo. Ci giri le spalle e te ne vai, Silvia fa per venirti dietro ma la blocco. Non la ascolteresti adesso. Non ragioni. Tutto quello che hai appena detto e fatto, non lo pensi davvero. O meglio, solo quello che riguarda me è sincero. Te lo leggo in quei due punti blu che ti illuminano il viso. Soffri. Hai paura di perdere tuo nonno. Ti senti sola. Ma non mi vuoi con te. Si:Devo andare, devo spiegarle Lucas. L:No Silvia. Non ti ascolterebbe, deve solo “accusare” il colpo. E’ forte. Ce la farà anche da sola. Ho lasciato che la rabbia facesse spazio al dolore. Che finisse di mascherarlo. Sento un peso sul cuore che non se ne va. Le spalle farmi male, gli occhi non voler fermare le lacrime. Non sono padrona di me stessa. Non sono niente. Sono sempre la stessa di due anni fa. Stupida Sara. Stupida Miranda. E’ per questo che non hai voluto sentire nessuno, è per questo che hai…cosa hai fatto? Ho camminato per due ore buone, e mi ritrovo qui. Dopo due anni. Dove tutto è cominciato. Casa. E i ricordi mi fermano il cuore. Lo sento distintamente cedere. Credevo di averli chiusi tutti in quel trolley..e invece impermeabili e indistruttibili eravate nascosti. Salgo le scale, accarezzo il cornicione, quante volte ci siamo sfiorati le mani di nascosto. Quante volte solo qui fuori mi dimostravi il tuo amore, quando io avrei potuto urlarlo a chiunque proprio da questo ballatoio. Ho freddo. Troppo freddo. L:In TV dicono che questo è l’inverno più freddo degli ultimi anni. Ma anche il più strano. Sento l’odore del tuo giubbotto avvolgermi, la pelle scaldarsi all’istante, dovevi indossarlo tu fino a pochi secondi fa. Mi volto lentamente, dai le spalle al vuoto fissi dritto la porta di casa tua. Non so perché mi sono fermata proprio qui davanti senza continuare ed entrare nella mia vecchia casa. S:Perché il più strano? Le parole escono fuori da sole, senza freno, senza senso. L:Non una goccia di pioggia, non piove da mesi. E una fitta rimette in moto il mio cuore, l’ennesimo ricordo nascosto mi ritorna prepotentemente in mente. Mi assale. Mi stringo un po’ di più nel tuo odore. Dovrei risponderti, ma taccio. Non sono mai riuscita a parlare della pioggia. Con nessuno. A Dublino l’ho vista tante volte accarezzare i tetti e i visi delle persone, anche il mio. Ma nessuna pioggia è come quella di casa. Nessuna pioggia è come la nostra. S:Come stai? L:Dovrei chiederlo io a te, no? S:Forse, ma te l’ho chiesto io per prima, rispondi. L:Sono sopravvissuto, sono ancora qui. E la rassegnazione nella tua voce mi colpisce più che se mi avessi urlato contro il tuo odio. Ti ho ferito e lo so. Ma preferisco questo a quello che sarebbe potuto succedere. S:Non avevo dubbi che ce l’avresti fatta. Lucas Fernandez se la cava sempre, in un modo o nell’altro. Alzo lo sguardo verso di te, e cerco di sorriderti. Ti amo ancora come due anni fa, forse anche di più ma ho fatto la scelta giusta. Ora che ti vedo ne ho la conferma. Quella che mi serviva. L:E’ stato difficile questa volta. Mi hanno tolto molto. Per la prima volta non avevo nulla per cui combattere. E questa stilettata arriva dritta dove volevi che arrivasse Lucas. Al cuore. Sento gli occhi pizzicarmi ancora. Ma non piangerò, me lo sono ripromessa. Non avresti più visto una mia lacrima per te. Mai più. E come mi hanno insegnato, nascondo me stessa. Nascondo il cuore. E ti sorrido. Finta. S:C’è sempre un motivo per cui combattere Lucas. Può cambiare nel corso degli anni, ma basta cercarne un altro. Tutto qui. Ora se non ti dispiace… Ti porgo il giubbotto e riprendendo i piccoli pezzetti di cuore che ho lasciato qui e lì per questo ballatoio, piccoli pezzetti della vecchia me ti volto le spalle e con la chiave nella toppa rientro in casa. E sola, mi lascio andare. Per l’ultima volta. Devo essere forte, per me, per te, per il nonno. Non mi aspettavo tutto questo. Joder S.Antonio!!! Ma:E’ tornata? E tu? Joder Lucas! Come stai?? Mi tasti la schiena, mi sfiori il viso. Cosa diavolo cerchi? Segni tangibili di cosa? L:Joder Mariano! Para! Que haces tio? Ma:Stai bene?? Si insomma, non ti ha fatto niente? Scoppio a ridere nervosamente. Cosa avrebbe potuto farmi? Più che lasciarmi e spezzarmi il cuore? Cosa avrebbe dovuto fare? L:No che non mi ha fatto niente Mariano. Non preoccuparti. Abbiamo anche parlato. Ma:Joder! Joder! E tu stai bene? Si insomma che ti ha detto? Sorrido per la preoccupazione che mi dimostra, e scelgo di mentirgli un po’. Infondo non ho fatto altro negli ultimi due anni. L:Niente di che, chiacchiere banali, sul tempo. Su noi. Non piove da anni. Ma:Bene bene. Non vi siete picchiati. Si bene. Picchiati? Ma come gli vengono in mente queste idee? Riflettendoci, sarebbe molto da noi Sara. I vecchi noi. La vecchia te. Preferirei uno dei tuoi schiaffi a tutto questo. Vorrebbe dire qualcosa. Sento Mariano continuare a borbottare, non distinguo nemmeno una parola. L:Mariano ho lasciato qualche maglia qui che potrei mettere? Non ho voglia di tornare a casa mia, e dietro non ho portato cambi.. Ma:Si nella tua vecchia stanza è tutto come lo hai lasciato, cerca tra i panni puliti, e se ti serve qualcosa puoi cercare anche tra le mie magliette. L:Certo, le tue magliette. Ma:Si perchè? Cos'hai contro le mie magliette Lucas? No! Non posso commettere sempre lo stesso errore! L:Niente Mariano davvero, vado in camera a cercarne una mia. Ma:E' perchè ti andrebbero un pò grandi vero? E' solo per questo! Perchè sono grasso e non ho gusto! Giro velocemente l'angolo, tanto sarebbe inutile cercare di spiegargli che non intendevo questo. Entro in camera mia, frugo nel mio vecchio armadio, non pensavo di aver lasciato così tanto qui. Tutte le magliette. I jeans. Ho lasciato il TUO Lucas qui senza nemmeno rendermene conto. Scavo nell'ordine maniacale di Mariano...e la vedo. Chissà se la ricorderai. Non dovrei indossarla. Eppure lo faccio. Non posso fare a meno di provocarti Sara.
Lo:Pepa? Che ci fai già qui? La cena non è ancora pronta. Pe:Non sono qui per la cena Lola, devo parlare con Sara, devo mettere alcune cose in chiaro. Lo:Pepa, per favore! Non è il momento. Pe:E' l'unico momento possibile Lola, Silvia sarà qui fra poco.Dov'è? Lo:In camera sua, sta dormendo. Pe:Apri la porta Sara! Dobbiamo parlare!!! Il suono dei colpi alla porta mi sveglia. Non ho mai avuto l'abitudine di chiudere la porta a chiave, ma da quando sono andata a vivere a Dublino con persone che non conoscevo bene ho dovuto imparare a farlo. Mi alzo e non ho il tempo di girare del tutto la chiave che la furia di mia zia Pepa mi travolge. Pe:Hola! Posso entrare? S:Mi sembra che tu lo abbia già fatto da sola. Cerco di sorriderle, di avvicinarmi a lei, di abbracciarla. Dopo questi due anni. Ma inizia a camminare nervosamente per la stanza... Pe:Siediti Sara. Devo chiarire alcune cose con te. Riconosco il tono di voce, e so di cosa vuole parlarmi. Di Silvia. Del modo in cui l'ho trattata. Eseguo "il suo ordine" mi siedo sul mio letto e aspetto... Pe:Sai quanto sia stato difficile in questi anni per tua Zia Silvia mantenere il tuo segreto? Quando vedeva tua madre piangere ininterrottamente? Quando tuo padre cercava di capire dove diavolo fossi finita? Quando Lucas ha deciso di lasciare S.Antonio? Rendendo orfani i tuoi genitori per la seconda volta in meno di un mese? Sai quanto le è costato? Ne hai una vaga idea? E l'unica cosa che tu hai saputo dirle oggi qual'è stata rubia? Perchè non mi hai detto che Don Lorenzo sta morendo? E' suo padre Sara! Tuo nonno..MA SUO PADRE. Come puoi essere così egoista? Pensi che per lei sia facile? Pensi che il suo primo pensiero saresti dovuto essere tu? E tutto quello che mi sta urlando contro me lo merito. Due anni fa ho fatto una scelta che ha fatto soffrire tutti. Ho mentito a me stessa dicendomi che lo stavo facendo per te. Bugiarda. Sono una bugiarda, l'ho fatto solo per me. E oggi con Silvia ho fatto lo stesso errore che faccio sempre, non ho ragionato. Ho solo sfogato il dolore per il nonno, con la persona che meno lo meritava, quella a cui avrei dovuto solo dire grazie per tutto quello che ha fatto per me in questi anni. S:Hai ragione. Pe:Non hai pensato che...come? S:Hai ragione. E' visibilmente sorpresa. Si aspettava molto probabilmente una sfuriata come quella di oggi. Non arriverà. Ho avuto il tempo di riflettere. S:Hai sentito bene, so che devo delle scuse a zia Silvia, che probabilmente le devo a tutti, anche a te. Mi dispiace tanto Zia. Davvero tanto, per tutto. Si blocca di fronte a me, e allarga le braccia, un invito. Per me. Che raccolgo all'istante. Quanto mi sono mancati questi abbracci? Questo affetto. Mi stringo forte a lei che mi accarezza i capelli. Pe:Ecco, ora ti riconosco bentornata nipotina. Si:Posso entrare? Lo:Possiamo? Il "cast femminile" Miranda/Castro al completo. Sciolgo l'abbraccio con zia Pepa e mi getto completamente su Silvia, stringendola a me e scusandomi. Lei ricambia prendendomi il viso tra le mani. Si:Non è successo niente piccolina, vederlo così è dura anche per me. Sentiamo la voce di Mariano e Lucas riempire il salone di casa ed una scossa quasi impercettibile mi attraversa la schiena. Zia Silvia deve accorgersene, o deve immaginarselo, mi stringe un po’ più forte la mano. Prima che Pepa mi svegliasse ti sognavo, come faccio ormai tutte le notti da due anni. Lo:Silvia Pepa, potreste andare voi di là ad accogliere gli ospiti per favore? Ho anche io delle cose da dire a mia figlia. Le zie si limitano ad annuire e a lasciarci sole. Questa volta sono io a partire in quarta. Aitor sbaglia su di te. Lo so, lo sapevo ogni volta che sceglievo di non risponderti. In ogni lacrima che ho versato quando hai smesso di farlo. S:Scusami mamma. Scusami se sono partita senza dirtelo, se non ho mai risposto alle tue telefonate. Se non sono mai tornata, se ho costretto zia Silvia ed il nonno a non dirti dov'ero. Scusami se ti ho fatto soffrire, se ho fatto soffrire tutti voi. Scusami. Non potevo restare qui. Non potevo tornare sui miei passi e se ti avessi sentito piangere, se ti avessi sentito anche solo mascherare un sorriso, sarei tornata, perchè volevo tornare. Ma non potevo! Scusami mamma! Scusami! E' seduta sul letto, mi getto sulle sue gambe, e lei lascia che sia io a sfogarmi per l'ennesima volta, mi accarezza i capelli. Lo:Non ti avrei chiesto di tornare Sara. Non volevo sapere cosa ti aveva portato lontano da me. Cosa credi che non lo immaginassi da sola che per prendere quella decisione ci fosse in gioco molto? Ti ho dato alla luce Sara. Ti ho portato in grembo per nove mesi. Ti ho vista crescere ed innamorarti di tuo zio. Ti ho visto crescere e disubbidirmi. Ti ho visto crescere. E’ questo il punto Sara. Ti ho vista. Non ti ho mai chiesto nient’altro! Mi hai negato anche il solo vederti! Come hai potuto? Come? Per sapere di MIA FIGLIA ho dovuto chiedere. Ti rendi conto? Ed ogni sua parola mi colpisce. Sento il cuore stringersi su se stesso, tentare di parare ogni colpo, ma è inutile. S:Pensavo fosse meglio per tutti mamma.. io non ce l’avrei fatta.. Mi interrompe. Lo:Hai pensato solo a te Sara. Non era meglio per me, non lo era per nessuno all’infuori di te. E ancora. Il cuore para. Io no. Mi alzo dalle sue gambe. S:Non è stato facile per me mamma. Cosa pensi? Che tu non mi sia mancata? Che non abbia avuto bisogno di “essere vista”? Ho avuto bisogno di essere abbracciata, di essere amata! Di essere svegliata dalla tua voce! Delle tue raccomandazioni! Ho avuto bisogno di te mamma! Come mai nella mia vita! Ho bisogno di te anche adesso! Ma non potevo! Non avrei resistito! Voi siete la mia debolezza e la mia forza più grande!! Dovevo farlo. E si.. ho sbagliato. Lo so. Scusami. La guardo sorridermi, asciugarsi quei due grandi occhi scuri, socchiuderli un secondo.. Lo:Bentornata a casa corazòn. E un sospiro mi nasce dal cuore. Esce profondo e liberatorio, improvviso. Un peso che abbandona il posto degli ultimi due anni. Torno fra le sue braccia. Come un bambina. Come la sua bambina. S:Mi sei mancata mamma. Lo sussurro appena sul suo collo, mi stringe più forte a sé. Lo:Anche tu bambina mia. Anche tu. Sono solo contenta che sei tornata e che stai bene. Perché stai bene no Sara? Vorrei risponderti che si sto bene. Ma non ci riesco. Avrei potuto mentirti per telefono, ma non qui, a due centimetri da me..e ti dico l’unica cosa che spero possa tranquillizzarti. S:Starò bene mamma, te lo prometto. Lo: Ne sono sicura piccola mia, sei una Miranda Castro. Ce la caviamo sempre. E vorrei dirtelo, che è questo ad essermi mancato più di tutto. Il modo unico che hai di essere mamma, il modo unico che hai di infondermi il coraggio e la forza che non riesco a vedere da sola. Una voce in lontananza, la tua ci raggiunge. Tremo un secondo. Lo:E con Lucas? Domanda a bruciapelo. I miei muscoli si irrigidiscono all’istante. Devi accorgertene. Lo:Anche con lui..”starai bene”? Sorrido. Potevo nascondere il mio amore per te a chiunque, fatta eccezione che lei. L’ho sempre saputo. S:Lui sta bene. Solo questo importa. Nient’altro mamma. Lo:Se non fosse così? Se la tua presenza, o la tua partenza.. S:Mi stai chiedendo se ripartirò mamma? Si. Non posso restare. Ho una vita che non comprende più S.Antonio. Pronta ad accoglierti, c’è sempre stato un posto per te, per papà. Non sarà come negli ultimi due anni, tornerò, e tu verrai a trovarmi. Non voglio più stare lontana da te. E' una promessa. Lo: Sei diventata una donna sai? Non sembri nemmeno più la mia piccolina. Mi accarezzi amorevolmente la guancia e vedo i tuoi occhi riempirsi di lacrime. S:Non piangere mamma ti prego. Lo:Non sto piangendo amore mio, sono troppo contenta di averti qui per farlo. Asciuga con un dito le uniche due lacrime che le sono sfuggite dalle ciglia e costringe entrambe ad alzarci. Lo:Ora andiamo, che abbiamo una cena da portare avanti.
Pa:Certo certo! Mariano! Per far restare la nina qui dobbiamo convincere Lucas. Ma:Si si ... lui è ancora innamorato di lei. Dobbiamo solo scoprire se lei ha un fidanzato! Pa:Perchè? Ma:Pues..dovremmo neutralizzarlo! Anzi meglio scoprire che tipo è..e modificare Lucas a sua immagine e somiglianza!!! Pa:Mariano! Ma:Que? Dobbiamo farlo per il bene di entrambi! Di Lola! Pa:Cambiare Lucas? Ma non è sbagliato? Cioè sarebbe come prendere in giro la nina Mariano. Non so. Ma:No non devi pensarla così Paco. Lo facciamo per loro. Per Lola, per la nostra felicità! Sarita se ne farà una ragione su! Sono seduto sul divano di casa dei tuoi genitori, era da tempo che non venivo nemmeno qui. I ricordi di noi, di te cercano di invadere la mia mente, ma ormai sono diventato bravo. Li chiudo fuori. Osservo quel tonto di Mariano e tuo padre confabulare convulsamente tra loro, e lanciarmi qualche occhiata ogni tanto. Ho un brutto presentimento. Non me la contano giusta quei due. Ma non posso pensarci ora. Devo concentrarmi. Tra pochi minuti la cena sarà pronta, Silvia ci ha già avvisati due volte, e tu uscirai dalla tua stanza e mi vedrai. Mi sento un ragazzino alla prima uscita, mi illudo che la riconoscerai. Che ricorderai. Eravamo felici quel giorno. Mi ero appena lasciato andare al nostro amore. Parlavo del tempo. Ero l'uomo della pioggia. Il tuo uomo della pioggia. Scorgo Lola, tu le sei dietro. Mi squadri da capo a piede. Parece que va a llover Sara. Sento i piedi inchiodati al suolo. La mano di mia madre cercare di portarmi con lei verso la cucina. Ma non riesco a muovere un passo. Ho gli occhi incatenati ai tuoi. Quella maglietta. Lucas, perché mi fai questo! Lo: Sara que pasa? Stai bene? S:Si mamma, sto benissimo. Ho solo bisogno di un po’ d’aria. E di fare una telefonata. Torno subito vale? Vedo Mariano corrermi incontro per salutarmi ma lo evito velocemente.. S:Scusa Mariano torno subito, devo fare una telefonata. Il suo viso è palesemente dispiaciuto, ma…mi manca l’aria. Posso provare di tutto, cercare di concentrarmi, ma con te è tutto inutile. Proprio quella maglia dovevi indossare? Proprio quel ricordo. Mi manca l’aria. Sbatto la porta di casa dietro di me. Prendo il cellulare e compongo il tuo numero. Sei senza copertura! Dannazione! S:Perché quando mi servi non ci sei mai!!
Lo:Mariano? Cosa fai attaccato alla porta? Ma:Ehm..niente controllavo la maniglia, prima quando siamo entrati era un po’ debole. Pa:Mariano! Spii la nina? Ma:Claro! Sta cercando di telefonare a qualcuno ma non risponde!! Pa:Andiamo da Lucas. Ma:Vai tu, io resto ad origliare. Pa:Cos’hai da sorridere in questo modo Lucas? Perché sorrido? Perché l’hai riconosciuta Sara. Hai ricordato. Per un attimo, nei miei occhi c’erano di nuovo i tuoi, quelli di una volta, gli occhi di quella bambina innamorata di me. I tuoi, i miei. Mi sento vivo. Non è tutto perso. Per quanto tu voglia convincermi di aver cambiato “ motivi per cui combattere” sei sempre li. Siamo entrambi allo stesso punto di due anni fa. Pa:Lucas io e Mariano abbiamo avuto un’idea. L:Come? Pa:Si, vorremmo parlartene, non stasera, ma il prima possibile. Quando riparti? Ripartire? Niente mi smuoverà da qui Paco. L:La cosa di cui dovete parlarmi ha a che fare con il fatto che Mariano spia Sara da ormai quasi 10 minuti? Osservo tuo padre prendere il fazzoletto e portarlo alla bocca. Beccato. Cosa avranno pensato questi due? E tu non accenni a rientrare. Scaviamo ancora un po’ nei ricordi Sarita? Esco io. L:Non penso di ripartire presto, qui c’è qualcosa che mi interessa. Esco un attimo, scusami. Lo scanso velocemente, arrivo alla porta ma tua madre mi blocca poco prima che riesca ad uscire. Lo:Lucas! A tavola, immediatamente! Tutti. Ma:Ma manca Sara Lola. Non l’aspettiamo? Lo:Sara entra appena ha finito di fare una telefonata, anzi Lucas potresti farmi il piacere di chiamarla? Tua madre mi sorride complice, mi fa l’occhiolino, non le rispondo cerco di oltrepassare Mariano che non vuole saperne di farsi da parte. Joder! Ma:Esco io Lucas! La chiamo io! L:No Mariano! Lola lo ha chiesto a me! Togliti di mezzo! Mi prende per la maglietta, cerco di spostarlo di peso ma niente non si smuove. Ti vedo sbucare, aprire la porta e ridere di noi. S:Ma cosa state facendo? Ed è così bello vederti ridere che mi distraggo per un secondo, il tempo necessario a quel cretino di Mariano per buttarmi a terra. Ma:Il grassone di Mariano che atterra il super agente del C.N.I. Non lo ascolto, guardo ancora il sorriso sul tuo volto, lo sguardo che mi rivolgi, mi porgi la mano per aiutarmi a rialzarmi, la prendo. La stringo più forte del dovuto. E così la lascio, la lasci anche tu. Non cerchi di porre fine al contatto. Sara. Sei tu. Sento i tuoi occhi percorrermi interamente, la tua mano stringere la mia, e so che dovrei smetterla. Che dovrei chiudere Sara fuori da me. La tua Sara, la vera Sara. Quella che il cuore l’ha lasciato qui due anni fa. L’ha lasciato a te. Sento la porta bussare, mi risveglio, riprendo a ragionare. Ritiro la mano, lascio la tua e mi allontano, mi avvicino alla porta, la apro. S:Aspettavate qualcuno? Co:Loro no Sara, ma forse tu si. S:Che ci fai qui? Ti salto praticamente in braccio! Non ci speravo. Eppure sapevo che in un modo o nell’altro avresti trovato il modo di esserci! S:Perché non rispondevi al cellulare? Co:Ero in aereo fino a mezz’ora fa. Volevo farti una sorpresa. Un vociare si fa spazio nel silenzio che si era creato prima, non lo riconoscono, effettivamente anche io la prima volta che l’ho rivisto ho avuto qualche problema. Lo:Sara perché non ci presenti il tuo amico? Co:Il suo amico Lola? Mia madre ci rimarrebbe male sai? Se non mi riconoscessi! Non posso essere cambiato così tanto no? Lo:Tua madre? Suo figlio? Ma…Coque!!! Dios mio! Co:Ciao Lola. Sei sempre bellissima. Il mio sguardo vola subito a te, sei voltato verso Mariano, giusto. Seguo la tua stessa direzione e lo vedo, quell’omone tutto amore commuoversi come un bambino, Pepa che cerca di aiutarlo, mi avvicino ad entrambi. Ma:Non è possibile. So a cosa stai pensando Mariano, dopo la morte di Bernarda nessuno di noi ha avuto più notizie di Coque, si è reso irreperibile per chiunque. Sembrava scomparso dalla faccia della terra. Ha semplicemente scelto di tagliare con tutto, con S.Antonio, con la Spagna. Con noi. Gli ricordavamo troppo sua madre. Così mi ha detto. Ci viene incontro, e senza dire una parola abbraccia Mariano. Una lacrima mi sfugge, scende ad accarezzarmi la guancia e sei tu, sempre tu ad accorgertene e a farla tua con un dito. Lo:Quanto sei cresciuto! Ho stentato a riconoscerti! Sei diventato uguale a tua madre sai? Ed è vero. Tante volte gliel’ho ripetuto anche io, non è più quel ragazzino maldestro e teneramente sbruffone di qualche anno fa. E’ diventato un uomo. Un buon amico. Si stacca da Mariano che si asciuga le ultime lacrime di commozione e si avvicina a me prendendomi in braccio. S:Que haces!! Rido abbracciandolo, mi sta facendo girare la testa. S:Fermati! Coque!! Co:Vale rubia! Ma solo perché devo salutare ancora tutto il resto! Possibile che tu mi sia mancata così tanto in meno di 24 ore? Ti guardo ridere tra le sue braccia e una morsa mi stringe lo stomaco. Non può essere. Cos’è questa storia? Meno di 24 ore? Sento le mani fremermi, e non è la rabbia, è la consapevolezza che fino a poco prima che lui bussasse alla porta avevo le tue fra le mie. E ora quelle stesse mani stanno abbracciando un altro. Co:Lucas! Da quanto tempo! Mi stringe la mano e mi abbraccia, resto fermo immobile. So che dovrei mostrare un minimo di felicità ma non ci riesco. Joder Sara! Che rapporto hai con lui? Lo:Ora che la famiglia è DAVVERO al completo possiamo cenare, vieni Coque siediti vicino a me. No Lola, non tradirmi anche tu. Ora è a me che manca l’aria. Ho bisogno di uscire da qui dentro. E’ Silvia ad aiutarmi. Si:Lucas ti dispiacerebbe andare a prendere una sedia in più? Ho già preso quelle delle camere da letto. Annuisco distrattamente. Gracias Peliroja. L:Torno subito. Esco senza guardarti, esco quasi sbattendo la porta dietro di me. Esco come avrei voluto uscire prima e ricordare insieme a te. Ma sono solo. Distendo i nervi, accendo una sigaretta e cerco questa maledetta sedia che servirà a far accomodare Coque. Possibile? Che alla fine abbia vinto lui? E allora perché Sara? Perché so che il tuo cuore ha tremato come il mio quando quel ricordo di noi ti ha attraversato la mente? Perché prima non hai lasciato la mia mano? Scendo le scale il più in fretta che posso. Mi fermo all’altezza del nostro sgabuzzino e sento i tuoi passi sul ballatoio, alzo lo sguardo incrocio il tuo. S:Lucas. Non ti rispondo, questa volta se devi dirmi qualcosa Sara, non voglio sentirla. Non ne ho la forza. Non dopo che il mio cuore si era illuso per un attimo ancora. L: L’ho trovata. Adesso arrivo. Mi guardi. Cosa vuoi Sara? Cosa pretendi? Cosa dovrei fare? Spiegarti? Che come al solito hai tratto conclusioni sbagliate? O lasciare che tu capisca quello che vuoi? Rispettando il mio piano originario? Quello di tenerti lontano da me? Scelgo per la seconda volta di dar ascolto alla ragione. Perché sono uscita qui fuori? Perché sono ancora così maledettamente preoccupata per te? Non ti rispondo, rimango immobile a fissarti. Sento Mariano chiamarmi. Rientro. Fa freddo ma non piove Lucas. Nemmeno con quella maglietta. Sono quasi tutti seduti, Coque mi aspetta, Mariano ha insistito per farlo sedere accanto a me, e tu.. Il tuo posto come al solito è di fronte al mio. Co:Come sta andando? Sono arrivato al momento giusto vedo. Me lo sussurra in un orecchio. S:Tempismo perfetto amico! Come sapevi che ti avrei cercato? Co:Questa è casa tua Sara. S.Antonio fa questo effetto! Per me è diverso, non c’è più niente che mi leghi a questo posto. Ma tu hai la tua famiglia. S:Ma tu hai me. Co:Hai già deciso di restare eh? E come ormai fai da due anni mi capisci. Capisci quello che nemmeno io vorrei capire. Che rifiuto con tutta me stessa. S:No, ripartiremo insieme per Dublino. E’ una promessa. Ma:Dublino? E’ lì che sei stata questi due anni Sara? La voce di Mariano ci interrompe, poco prima che possa rispondergli eccoti rientrare. Co:Non fare promesse che non puoi mantenere Sara. Continua a sussurrarmelo all’orecchio prima di alzare tono di voce e rispondere a Mariano, ma rivolgendosi a te. Lo so. Co:Eh si. Un giorno me la sono ritrovata nel mio stesso commissariato. E’ stata una vera sorpresa. Solito Coque. Lanci le notizie come fossero “bombe” con la naturalezza più spiazzante del mondo. L:Commissariato? Eri stato arrestato Coque? Il detto “la mela non cade mai troppo lontana dall’albero” allora è vero. Sorridi soddisfatto della stoccata appena rifilata al mio amico, faccio per risponderti quando Coque mi ferma accarezzandomi il braccio. Co:Non direi, sono diventato poliziotto anche io Lucas, e se fosse vero quel detto, tu allora dovresti essere un poliziotto corrotto, c’è qualcosa che dovremmo sapere? Che diavolo sta succedendo qui? Che diavolo state facendo? Una cosa è certa il sorriso che avevi fino a poco fa è completamente sparito. E’ l’interesse di Mariano a spostare l’attenzione e ad alleggerire la tensione. Ma:Sei diventato poliziotto?
Ho un mal di testa di quelli epici! Non riesco a parlare per tutta la cena, fortunatamente è Coque a soddisfare tutte le curiosità dei miei parenti. Tu poi, non hai spiccicato parola. Non hai mangiato niente. Mi hai fissato. Tutto il tempo. E’ quello ad avermi stremata più di tutto il resto. L:Alla fine ci sei andata a Dublino eh? Per lo stesso motivo di quando volevi andarci da ragazzina..no? E questa dovevo aspettarmela. La capiscono tutti. Perché tutti ricordano il motivo per il quale volevo partire. Cosa dovrei risponderti Lucas? Che si? Che l’ho fatto per dimenticarmi di te? S:Il motivo per il quale sono partita non è importante. L’importante è il risultato. E non ha senso, non è vero. Ma ho fatto una scelta due anni fa. E nonostante tutto, nonostante te. Non posso rimangiarmela. L:E lo hai raggiunto Sara? Quel risultato, lo hai raggiunto? Rispondimi Sara. La verità. Dopo due anni, ho il diritto di sapere. Di capire se non sono più dove mi sono sempre sentito a casa. Dove ho lottato per esserci. Mi hai dimenticato? Il mio posto nel tuo cuore, c’è ancora? S:Non lo so, Lucas. Perché non me lo dici tu? Tu che sei così sicuro di tutto. Sicuro di cosa Sara? Non sono più sicuro di niente! Io sono fuori. Fuori dai giochi. Dalla tua vita. Fuori ormai da quando ho deciso di andarmene. Da quando anzi, tu hai deciso per entrambi. Bussano alla porta di casa tua. E’ Paco ad andare ad aprire. A:Paco è sorto un imprevisto! Hanno bisogno del commissario. Montoya non riesce a tenere a bada quelli dell’INTERPOL. Sei tu ad alzarti e a rispondergli. S:Ma mio nonno è malato. Non può parlare con loro. Pa:No mi nina, Aitor si riferisce a me. Sono il commissario in sostituzione. Co:Enhorabuena Paco! Mi alzo in piedi insieme a Mariano e Pepa avvicinandoci alla porta ignorando le congratulazioni di questo cretino, tu fai lo stesso poco dopo accarezzando la spalla di tuo padre. L:Que pasa? A:Si tratta dell’ultimo caso a cui stava lavorando Don Lorenzo. Montoya sapeva di trovarvi tutti qui, ci vuole in comisaria. Tutti, nessuno escluso. E dicendo questo guarda Sara. Ed io non capisco. S:Mi cambio e vi raggiungo. Per l’ennesima volta in questa serata. Che diavolo sta succedendo???
Edited by Cappuccetta89 - 25/8/2011, 14:28
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